LA GRANDE CONFERENZA INTERGALATTICA di Ronci Zeller, da http://www.ronci.org ----------- Capitolo primo La grande Conferenza intergalattica si teneva ogni dieci anni. E quel 2330 era proprio l'anno giusto. Organizzare una conferenza intergalattica era un'impresa grandiosa e richiedeva anni di preparazione. Si trattava di riunire i delegati di tutti i pianeti, anche i più piccoli e i più periferici per fare il punto sulle nuove conquiste della scienza, della medicina, dell'astrofisica, dell'informatica dell'arte e di ogni ramo della cultura in generale. La conferenza serviva come occasione di incontro e di scambio fra i popoli di tutta la Galassia e la partecipazione era molto ambita. Il comitato promotore, che era formato da individui di vari pianeti, aveva deciso di tenere le riunioni su di un asteroide, Tifone 2, che ruotava in una vasta orbita al largo di Venere. Era sufficientemente grande per poterci costruire un teatro da 20.000 posti , un albergo altrettanto grande con clima ossigenato nonché una serie di abitazioni climatizzate per ospitare gli abitanti dei pianeti che avessero necessità particolari. Intorno all'asteroide avrebbero parcheggiato le astronavi di quelli che preferivano starsene in un luogo più famigliare, tanto si potevano seguire i lavori della conferenza anche sui grandi monitor che erano disposti un po' ovunque o sulle immagini tridimensionali che venivano proiettate direttamente nello spazio. L'intero complesso che era stato costruito, comprese le strade e le piazze che davano l'illusione di una vera città, era sormontato da una immensa cupola all'interno della quale era stata simulata un'atmosfera di tipo terrestre. La cupola era chiusa da grandissime porte che si aprivano solo per lasciar passare le navette con gli ospiti. Chi intendesse presenziare di persona agli interventi entrava in un vasto salone d'ingresso dove graziose hostess accoglievano i visitatori, segnavano il loro nome e la provenienza su di un registro computerizzato, nonché qual'era l'interesse che li aveva portati lì. C'era anche un bar ristorante che serviva specialità di tutti i pianeti e una zona relax con divani e poltrone trasformabili, adatte a ogni tipo di corporatura. La Confederazione Terrestre aveva avuto molta parte nell'organizzare la conferenza; aveva messo a disposizione personale qualificato poiché, sulla Terra, era da molti secoli che si tenevano riunioni di quel genere. Alla fine del millennio precedente , cioè prima dell'anno 2000, era già esistita un'istituzione che riuniva molte nazioni della Terra e si chiamava ONU, cioè Organizzazione Nazioni Unite. Ma certo, si parla di quasi tre secoli prima; in quel tempo la Galassia era ancora inesplorata e i terrestri non conoscevano altre forme di vita. Per la Terra, dunque, gli onori di casa erano fatti dall'equipaggio dell'astronave ammiraglia, la Tamigi III agli ordini del comandante Selleri. I viaggi della Tamigi III erano mitici, soprattutto da quando lo scienziato di bordo, Conrad, aveva debellato un virus letale che stava minando l'intero Universo. Il comandante Selleri aveva messo a disposizione degli organizzatori la sua conoscenza dei mondi galattici e delle loro caratteristiche conoscenza che lui aveva aquisito nel corso dei lunghi viaggi di esplorazione nello spazio. I suoi ufficiali curavano gli spostamenti degli ospiti servendosi di una navicella-traghetto in continuo movimento; il personale medico di bordo aveva istituito una zona di pronto soccorso per i malori che spesso insorgevano a causa della differenza di clima dai pianeti originari e i cuochi dell'astronave ce la mettevano tutta per preparare manicaretti per tutti i gusti. Il picchetto d'onore che aveva il compito di accogliere le personalità più importanti e scortarli nel periodo della conferenza, era affidato a un quartetto di cadetti di seconda e prima classe che avevano già effettuato viaggi sulla Tamigi III, durante i quali si erano guadagnati la stima e la fiducia del comandante. Si chiamavano Jack, Philip, Teodoro ( figlio del comandante ) e un'unica ragazza, Andrè. Erano giovani ed entusiasti e, quel che più importa, molto ben affiatati. Insieme infatti, avevano vissuto l'emozione dei primi viaggi intergalattici, avevano scoperto forme di vita sconosciute e culture e civiltà molto diverse da quelle terrestri, ma altrettando importanti.. I quattro ragazzi avevano un orario di lavoro abbastanza duro; gli ospiti arrivavano a tutte le ore e alcuni di loro erano capricciosi come primedonne e pretendevano cure e attenzioni continue. In compenso altri erano simpatici e disinvolti, se la sbrigavano da soli e i cadetti potevano tirare un po' il fiato. In quei casi si ritrovavano nel piccolo soggiorno che la direzione dell'albergo aveva messo a loro disposizione e si scambiavano le impressioni sui personaggi che avevano conosciuto. Durante i viaggi che avevano fatto con la Tamigi III avevano contattato gli abitanti di altri pianeti e soprattutto avevano stretto una bella amicizia con quattro giovani di Camà-leon che speravano molto di rivedere in occasione della Conferenza. Perciò spiavano con interesse i nuovi arrivati nella speranza di scorgere i loro amici. Vero è che Camà-leon era un pianeta acquatico e che i camaleontiani erano esseri sottilissimi e trasparenti , perciò praticamente invisibili. Però era anche vero che essi erano in grado di trasformarsi nella copia perfetta di chi avevano difronte e di vivere così in condizioni uguali ai loro modelli. Arrivavano astronavi dai pianeti più lontani e sconosciuti e prima o dopo sarebbe arrivata anche quella camaleontiana. Finora, però, niente. Capitolo secondo Gli interventi alla Conferenza si succedevano 24 ore su 24. Bisogna dire che il tempo, su Tifone 2, era calcolato secondo le consuetudini terrestri e la luce che simulava il Sole, sorgeva e tramontava come sulla Terra. Nel grande teatro però il lavoro non aveva soste, anche per venire incontro a quelle speci che avevano una diversa concezione del tempo. Le conferenze erano spesso molto specialistiche e, agli occhi di un profano potevano sembrare solo una lunga sequela di calcoli astrusi o di teorie incomprensibili. A volte però il soggetto era all'altezza anche di persone meno preparate e accadeva perciò che, ogni tanto, i cadetti andassero ad assistere ai lavori. Andrè, per esempio, che aveva una neanche tanto segreta voglia di fare l'attrice, cercava di essere presente tutte le volte che si parlava di spettacolo o di musica o di poesia. Quel giorno arrivò tutta trafelata nel salottino dove gli altri stavano facendo una partita di Rekop. Era questo un passatempo elettronico, derivato da un gioco antichissimo che si faceva con le carte; vinceva chi aveva radunato il maggior numero di simboli e colori tutti uguali. "Ma ve ne state lì come vecchietti ! - esclamò - sapeste che cose meravigliose ho imparato! Le grandi farfalle di Triss hanno inventato uno strumento musicale fantastico!" "Ho vinto! - gridò Philip contando i suoi punti - Sii? -continuò poi guardando Andrè - cosa dicevi di uno strumento?" "Ma se non vi interessa posso anche tacere! " brontolò Andrè facendo il broncio - resterete ignoranti per tutta la vita." Gli amici le si fecero intorno "Ma no, ma no, cara la nostra maestrina . Dai raccontaci cosa hai visto." " Non ho visto, ho ascoltato qualcosa di incredibile. Sono ancora tutta emozionata " e si mise una mano sul cuore come se corresse troppo. "Dai, cosa sarà mai ! Musica è musica, no?" "No! Anch'io la pensavo così, ma ora ho capito che non è vero. La musica può anche essere un'esperienza spirituale e mistica e può veramente farti scoprire un mondo che non sai, che non immagini di avere dentro di te." Aveva parlato in modo così accorato che i tre ragazzi furono colpiti dalla sua emozione; le si strinsero intorno e la fecero parlare. "Dunque - incominciò Andrè - lo strumento si chiama "psicoarmonium" e vi spiego subito perché. Anzi, no; prima ve lo descrivo dunque cercate di immaginare un flauto fatto con una canna abbastanza grossa e tutti i suoi buchi al loro posto; ma, tra un buchino e l'altro escono sei sottili tubicini lunghi circa dieci centimetri . Dal tubicino più alto a quello in basso sono tirate sei corde che si possono suonare come fosse un'arpa; ma non è tutto contemporaneamente l'aria che passa dai buchi soffia sulle corde e crea tutto un altro mondo di suoni e di armonie. Avete capito?" "Nooo! - risposero a una voce i tre cadetti. Andrè li guardò con aria mortificata "Va beh! vedrò di spiegarmi meglio; dunque dalla canna del flauto..." "Basta, basta, abbiamo capito, era solo per farti arrabbiare..." E i tre amici le fecero un gran sorriso. "Però, seriamente, spiegaci dove sta la meraviglia." "La meraviglia sta nei suoni straordinari che escono dallo strumento. Sono suoni che ti entrano nell'anima, nel cervello, nel cuore e ti fanno rivivere ricordi, sogni, illusioni che tu solo sai. Perché per ognuno è diverso; a ognuno quella musica risveglia sensazioni di cui lui aveva bisogno per essere felice e non lo sapeva. Perciò si chiama "psicoarmonium" cioè "armonie della psiche, dell'anima, del cervello"! Rimasero tutti soprapensiero riflettendo sulla possibilità che il nuovo strumento donava, di essere felici. "Ma, - obiettò Jack - se lo strumento è trissiano e cioè di un mondo dove gli esseri sono grandi farfalle, come potremmo usarlo noi che siamo così diversi?" "Loro hanno immaginato alcune modifiche per adattarlo anche agli umanoidi e infatti, quello che ho sentito era suonato da un terrestre." Decisamente era una cosa molto interessante e i quattro giovani capirono come mai la grande Conferenza intergalattita fosse diventata un appuntamento tanto importante per tutti i popoli dell'universo. Se un semplice strumento musicale era ritenuto degno di essere presentato in un'occasione come quella, figurarsi le grandi scoperte scientifiche o le invenzioni in grado di assicurare la salute e il benessere, di migliorare i rapporti fra i popoli, di favorire la pace e la prosperità su tutti i pianeti conosciuti . Nell'ottimismo dei loro giovani anni non riuscivano a pensare che ci potesse essere qualcuno a cui tutto ciò non importava nulla e, anzi, tramava per distruggere questo bel programma di pace e assicurarsi il potere e il dominio sul mondo intero. Ma se ne sarebbero accorti ben presto. Capitolo terzo Nell'atrio dell'albergo c'era un viavai continuo di esseri di tutte le specie. La maggior parte erano umanoidi e dunque non molto dissimili dai terrestri. Certo, a seconda delle condizioni geografiche e atmosferiche dei vari pianeti, alcuni avevano certi organi più sviluppati altri meno. Gli inimou, per esempio, dovevano l'eccezionale statura al fatto che sul pianeta Arret la vegetazione cresceva altissima e gli abitanti dovevano essere in grado di dominare il terreno. Per il resto erano molto simili agli uomini. Il pianeta Zurtos, della costellazione dell'Ariete, appariva abbastanza affine alla Terra, aveva una rotazione di poco più di venti ore intorno al suo sole e quindi le condizioni di vita erano molto somiglianti a quelle terrestri mentre invece Ade, un grande pianeta ai margini della Galassia, ruotava molto lontano dal sole e di conseguenza era buio, freddo e inospitale. In suoi abitanti erano costretti a vivere nel sottosuolo e la vita estremamente dura che dovevano condurre li aveva portati a sviluppare al massimo le loro capacità intellettive. La civiltà adeniana, infatti, era considerata una tra le più avanzate nel campo scientifico e tecnologico. Gli adeniani stessi ne erano consapevoli e il loro grande traguardo era quello di riuscire a dominare la Galassia intera, grazie al loro sapere. Avrebbero voluto conquistare i pianeti più fertili e solari dove avrebbero potuto trasfersi per una vita meno difficoltosa . Gli adeniani però, anche a causa di queste mire di assoluto predominio, non avevano rapporti molto amichevole con le altre civiltà. Si sospettava anche (ma ufficialmente non esistevano prove) che proprio gli adeniani avessero avuto una parte non del tutto chiara in occasione della sconfitta del Grande Virus. Era stato chiamato così un terribile virus che stava uccidendo la vita nell' intero universo e che era stato debellato grazie alle ricerche scientifiche e alle intuizioni di uno scienziato terrestre Conrad. Nel mondo di pace e armonia che tutti gli esseri viventi perseguivano oramai da secoli, solo Ade era rimasta una nota stonata. Gli adeniani partecipavano alla grande Conferenza intergalattica ma erano guardati con leggero sospetto da tutti gli altri partecipanti anche se, almeno fino a quel momento, il loro comportamento era stato irreprensibile. L'aspetto fisico degli adeniani non ispirava certo simpatia; erano di corporatura piccola e gracile e talmente pallidi da sembrare grigi; gli occhi avevano pupille enormi per poter vedere nel buio delle loro dimore sotterranee e la loro vista era delicatissima. In superficie erano costretti a portare spesse lenti nere per non soffrire. In compenso della scarsa muscolatura avevano una capacità intellettiva eccezionale e dunque il volume delle loro teste era molto superiore a quello degli altri umanoidi. Ciononostante, nel corso di quella Conferenza, erano sembrati più socievoli di altre volte e si vedevano spesso chiacchierare con i delegati di altri pianeti. Alcuni si erano portati dietro le mogli e insomma sembrava che avessero deciso di entrare nelle simpatie di tutti. La Conferenza era in corso già da parecchi giorni quando, finalmente, arrivò la nave camaleontiana. I quattro cadetti erano al servizio di accoglienza e non stavano in sè dalla gioia di riincontrare i loro vecchi amici. I delegati camaleontiani, come era nelle loro consuetudini quando si trovavano in presenza di esseri diversi da loro, si trasformarono nella copia dei loro interlocutori e Teodoro, Jack, Philip e Andrè corsero ad abbracciare i loro doppi. Avevano chiesto un giorno di permesso per poter chiacchierare in santa pace coi loro amici e scambiare le prime impressioni su quel congresso così importante. Ma quando descrissero il comportamento degli adeniani, i giovani camaleontiani scossero la testa. "Non lo faccio per scoraggiarvi - disse Teodoro 2 - ma io di loro non mi fiderei .Secondo me stanno tramando qualche cosa. Venendo qui da Camà-leon, abbiamo fatto scalo su Giove e lì corre voce che gli adeniani vogliano fare un colpo di mano. Il fatto che qui su Tifone 2 siano radunati tutti i cervelli più importanti oggi viventi, può essere estremamente pericoloso. Se succede qualcosa sull'asteroide durante la Conferenza possiamo dire addio al progresso per sempre." Aveva parlato molto seriamente e i cadetti sapevano bene che i loro amici erano saggi e bene informati. "Ve bene, ma cosa possono fare per distruggere la pace? - fece Andrè - Il servizio di sicurezza è ottimo e qui non c'è niente da rubare." "No, niente- rispose lentamente Philip 2 - eccetto una cosa i cervelli!" Capitolo quarto "I cervelli? domandò Andrè incredula -ma cosa intendi dire? Come si fa a rubare un cervello?" E guardò gli altri puntandosi un dito sulla fronte come a dire "Quello è fuso". " Si fa, per esempio, sequestrando qualcuno dei pensatori più illustri ." "Un rapimento? Ma a quale scopo?" "Allo scopo di portarlo su Ade e costringerlo a lavorare per loro e per i loro scopi criminali." Adesso erano tutti molto scossi. I quattro cadetti non avrebbero mai pensato che potessero succedere cose simili. E invece era possibile; nella storia passata si erano già verificati casi del genere. "Ma dai! - proruppe finalmente Philip - non c'è nulla che faccia pensare a una simile eventualità! Cari miei avete proprio una fervida fantasia." E si allontanò scuotendo il capo. "Tutto sommato ha ragione - commentò Teodoro - non mi sembra che sia il caso di essere così allarmisti. Diciamo che faremo un'attenzione speciale al comportamento degli adeniani, ma non precipitiamo le cose." Furono tutti d'accordo e cambiarono discorso. C'erano cose più divertenti da fare; per esempio decidere cosa indossare per la grande festa mascherata che avrebbe avuto luogo prima della fine della Conferenza Per la vigilia della chiusura era stato organizzato un grande ballo; parte dei sedili del teatro sarebbero stati tolti creando così uno spazio per ballare e ognuno sarebbe stato libero di travestirsi e di mascherarsi. La difficoltà stava nell'immaginare costumi un po' originali per distinguersi dagli altri. Scartarono subito i personaggi delle antiche favole Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Pinocchio eccetera. Anche i costumi tipo Dracula o Zorro non piacevano molto. "Un animale " propose Jack. "Sì, ma quale? I soliti gorilla, li abbiamo visti mille volte!" "Ho un'idea - disse Andrè e gli occhi le brillavano - perché non costruiamo un animale molto grande di cartapesta e stracci, ci mettiamo sotto tutti e quattro e facciamo un'entrata spettacolare ." "Ma non possiamo mica stare tutta la sera imprigionati sotto la sagoma di un animale! "No; sarebbe solo per un effetto sorpresa. E comunque dovrebbe essere molto grande; per esempio un elefante!" "Sotto potremmo avere altri costumi; magari i quattro moschettieri, visto che siamo in quattro!" L'idea non era male. Avrebbero potuto saltar fuori sguainando le spade, inscenare un duello e poi mettersi a ballare. Il successo sarebbe stato garantito. "E noi - disse Teodoro 2 - noi potremmo prendere il vostro posto e trasformarci davvero in un elefante e rincorrervi con la proboscide alzata." "Chissà che sconvolgimento!" Si stavano divertendo un mondo, ognuno parlava a ruota libera e facevano a gara a chi la diceva più grossa. Da lontano il comandante Selleri li stava osservando. Erano ragazzi seri che lavoravano sodo e avevano diritto di divertirsi ora che erano un po' più liberi dalla severa disciplina di bordo. Era seduto con Conrad nel bar dell'albergo e stavano commentando l'andamento della Conferenza. "Mi sembra che le nostre preoccupazioni non abbiano ragione di essere - stava dicendo il comandante della Tamigi III - tutto fila liscio e persino i nostri amici adeniani si stanno comportando correttamente." "Però non riesco a stare tranquillo - rispose lo scienziato - non so perché ho la sensazione che dobbiamo stare comunque all'erta. Questa loro strana piacevolezza non mi incanta e anzi, mi mette in sospetto. E' vero che non si sa bene cosa potrebbero fare, ma sento che le loro menti sono alla ricerca di qualche diavoleria." "D'accordo - sospirò il comandante - potenzieremo il servizio di sicurezza soprattutto la sera della festa. Le mascherate possono essere molto pericolose." Conrad si alzò e si avviò verso il proprio alloggio. Stava lavorando intorno a un importante progetto scientifico che avrebbe permesso, anche ai pianeti più lontani e poveri, di trasformare in meglio la loro qualità di vita. Il progetto non era ancora concluso ma lui contava di fare una relazione prima della chiusura della Conferenza, e mettere al corrente i colleghi stranieri dei risultati finora ottenuti. C'era una grande aspettativa per questo suo intervento e alcuni delegati erano più interessati di altri. Capitolo quinto I delegati adeniani se ne stavano seduti in un angolo e avevano fatto spegnare la fonte luminosa sopra il loro tavolo; i loro occhi non sopportavano la luce troppo diretta e, appena possibile, cercavano la semioscurità. Se ne stavano lì chiacchierando e bevendo come tutti gli altri e anzi, ogni tanto si alzavano per andare a salutare qualcuno o si facevano presentare a quelli che non conoscevano. L'apparenza era di perfetta normalità e Teodoro, Philip, Jack e Andrè che li osservavano da lontano pensarono che le preoccupazioni dei loro doppi camaleontiani fossero davvero esagerate. Certo, se avessero ascoltato i discorsi che facevano tra loro, nella loro lingua, forse sarebbero stati meno ottimisti. "Attenzione - stava dicendo Orus, il capodelegazione adeniano - il nostro uomo si è appena ritirato. Ho notato che tutti i giorni, a quest'ora, torna al suo alloggio; entrare non dovrebbe essere difficile ma dobbiamo capire qual'è il codice segreto per aprire il suo ordinatore." "Il momento perfetto per agire sarà durante la festa." mormorò il suo assistente facendo un cenno di saluto a un marziano che passava di lì. "Sì, ma dobbiamo ancora capire se parteciperà e sotto quale maschera." "Perché non ci facciamo amico qualcuno dei suoi?" propose Orus, magari qualcuno dei ragazzi." "Posso farlo io - interloquì una delle mogli - per una donna è più facile. Lasciate fare a me ." Laxar, la moglie di Orus, si alzò con aria indifferente e si avviò verso l'angolino dove stavano seduti i cadetti. Arrivata proprio alla loro altezza, come per caso, le cadde di mano la borsa. Teodoro scattò in piedi per raccoglierla e la porse cortesemente alla signora. "Come sei gentile, grazie davvero - disse l'adeniana - siete terrestri vero? " "Sissignora" risposero educatamente. "Posso sedermi con voi?- continuò Laxar - sapete non ho mai visitato la Terra e mi dicono che sia un pianeta bellissimo. Da noi è sempre così buio e freddo e non riesco a immaginare la vita in un clima diverso. Sù, raccontatemi." I cadetti erano terribilmente imbarazzati. D'istinto erano diffidenti ma erano bene educati ed erano stati istruiti a essere gentili e ospitali con tutti. E poi, quella signora sembrava veramente interessata a loro e li aveva interpellati cortesemente. Perciò la fecero accomodare e soddisfecero tutte le sue curiosità. Le raccontarono dei mari e delle spiagge assolate, dei monti e dei campi di neve, dei boschi e dei prati fioriti. Laxar si fece più vicina ad Andrè e, con aria complice, si fece descrivere la moda terrestre e le abitudini delle donne e dei bambini. Insomma si rese veramente simpatica e quando li salutò disse "Ragazzi, mi ha fatto tanto bene chiacchierare con voi; sapete, venendo qui speravo proprio di divertirmi un poco, ma i miei compagni sono così noiosi, sempre a parlare di lavoro! Spero di rivedervi prima della festa. E tu - disse rivolgendosi ad Andrè - mi aiuterai a scegliere un travestimento? Conto su di te, eh?" E se andò. Ci fu un momento di silenzio. "E ora? -chiese Andrè - cosa faccio? Mi ha proprio incastrato. Come faccio a liberarmene?" "Chissà chi è veramente - riflettè Teodoro a voce alta - la donna simpatica e un poco annoiata o la perfda complice dei nemici della pace?" Naturalmente bisognava parlarne coi loro amici camaleontiani. Li raggiunsero dopo un po' ( non subito per non dare nell'occhio) e si confidarono con loro. Come previsto il racconto fu ascoltato con grande diffidenza. "Ci dispiace, cari amici - disse Teodoro 2 scuotendo la testa - ci dispiace davvero, ma noi non riusciamo a credere nella buona fede di quella signora. Facciamo così. Continuate a essere gentili con lei, ma parlate solo e soltanto di cose indifferenti e banali. " "Per favore, per favore - supplicò Andrè 2 - non lasciatevi irretire in qualche trappola! Ne va della sicurezza dell'Universo!" Capitolo sesto Julius se ne stava seduto tutto nell'ultima fila della grande sala dove si svolgeva la Conferenza. Julius veniva da Zurtos, un pianeta molto simile alla Terra. Come la Terra aveva un'atmosfera composta da ossigeno e azoto, come la Terra aveva grandi oceani e vasti continenti, come la Terra aveva un sole che assicurava un clima temperato e persino caldo nella fascia centrale e piuttosto freddo attorno alle calotte polari. Come i terrestri dunque erano i suoi abitanti, umanoidi, mammiferi, onnivori e, naturalmente, intelligenti. Julius era il delegato della associazione giovanile zurtosiana e, siccome collaborava con un giornale della capitale, era costretto a seguire i lavori della Conferenza almeno quel tanto che gli permettesse di scrivere brevi articoli. Era un bel ragazzo sui 18 anni, ma un po' timido e introverso e perciò se ne stava spesso da solo. Ma c'era dell'altro. Il fatto è che, come molti zurtosiani, aveva scoperto ben presto di riuscire a leggere nella mente degli altri. Da piccolo si era ritrovato spesso a entrare nei pensieri del prossimo anche senza volerlo e spesso quello che aveva captato non gli era piaciuto per niente. Così aveva imparato a chiudere la sua mente per non essere coinvolto nella vita degli altri. Ma in quel momento, stanco di ascoltare una noiosissima relazione sui vantaggi della forza centrica meccanicizzata (e chissà cosa diavolo era?) stava invece osservando un gruppetto di giovani che stavano allegramente conversando seduti su comode poltrone. Sentiva un fortissimo desiderio di conoscerli e, improvvisamente, vide che tutti e quattro si erano girati di scatto dalla sua parte interrompendo la conversazione, e che due di loro si stavano avviando verso di lui. Evidentemente, senza accorgersene, aveva inviato loro un messaggio mentale. I quattro cadetti lo avevano già osservato altre volte, chiedendosi chi fosse quel ragazzo così schivo ma stavolta, di colpo, avevano sentito il bisogno di avvicinarsi a lui. Così Teodoro e Andrè gli rivolsero la parola "Ciao, noi siamo cadetti della Tamigi III e siamo in servizio su questo asteroide per il periodo della Conferenza. Io mi chiamo Teodoro e lei Andrè. Credo che abbiamo più o meno la stessa età e allora perché non stai con noi invece di annoiarti qui tutto solo?" Julius li guardò e vide che anche gli altri due si erano avvicinati; "Dai, vieni con noi; io sono Jack e lui Philip. Stavamo decidendo per i costumi della festa. Tu ci vieni vero?" Julius si alzò in piedi; era alto quasi come Jack e portava i lunghissimi capelli rossi tipici dei zurtosiani, in una lunga treccia sulla schiena. Si avviarono tutti e cinque verso il ristorante mentre i cadetti gli raccontavano un po' dei loro viaggi con la Tamigi III e della loro amicizia coi camaleontiani. "Non ti devi stupire quando li vedrai ; sono uguali a noi, praticamente i nostri doppi. Loro sono così, camaleontici appunto, e si possono trasformare somigliantissimi a chi vogliono loro." "Siamo diventati proprio grandi amici - proseguì Jack - durante un certo viaggio sul loro pianeta ci hanno aiutato a risolvere un problema veramente importante." Però non disse quale, poiché era un segreto. Stavano parlando così quando videro avvicinarsi Laxar. Alzarono gli occhi al cielo come per dire "oh che palle!" ma non fecero in tempo a spiegare a Julius la situazione, che già la donna si era seduta al loro tavolo come una vecchia amica. "Allora ragazzi - incominciò - vedo che avete trovato un nuovo amico; mi sembra davvero carino. Ma cercavo te, Andrè - seguitò rivolgendosi alla ragazza - hai pensato un poco al mio travestimento? Va bene che non sono una ragazza come voi, ma non mi dispiacerebbe unirmi ai vostri progetti." Era cordiale, simpatica e sorridente ma da quando era arrivata lei Julius si era chiuso in un completo silenzio e i suoi occhi sembravano sprizzare scintille. Capitolo settimo Solo Teodoro si era accorto del cambiamento di umore di Julius e non riusciva a capirne la ragione. Quando Julius, di colpo, salutò e si allontanò rimase davvero stupito; gli era sembrato timido sì, ma questo rasentava la maleducazione! Finalmente la noiosa signora si allontanò, sempre piena di sorrisi, e i cadetti poterono commentare la brusca reazione di Julius. In quel momento erano sopraggiunti anche i loro doppi camaleontiani ai quali raccontarono la scena. "Non vorrei che Julius fosse in qualche modo legato agli adeniani, che ne dite? - chiese Jack - forse non voleva tradire una loro conoscenza." "Non credo - replicò Jack 2 - gli zurtosiani sono una civiltà pacifica e solare; non vedo cosa possono avere a che fare con gli adeniani." "Perché non andiamo a cercare Julius, - propose Andrè - avevamo promesso di fargli conoscere i nostri amici camaleontiani; la scusa è buona, no?" Così si guardarono in giro finché non scorsero il loro nuovo, misterioso amico che stava guardando un film tridimensionale nella sala di lettura. "Ma dove eri scappato Julius? sono arrivati i nostri amici e volevamo presentarteli." Il ragazzo si alzò un poco confuso e guardò attentamente i nuovi venuti, in silenzio. Sembrava quasi che stesse in ascolto di qualche cosa che sapeva solo lui. Poi, sorridendo si mise la mano aperta sul cuore in segno di saluto e disse "Scusatemi, sono stato un maleducato, ma sapete... non conoscevo la signora..." Insomma ebbero tutti la sensazione che fosse una scusa ma, per toglierlo dall'imbarazzo, gli diedero una pacca sulla spalla e parlarono d'altro. Ma per quanto fossero allegri e spensierati, Julius non cessava di avere l'aria tesa e sbirciava continuamente verso l'angolino semibuio dove stavano gli adeniani. Quella sera, dopo cena, giocarono una lunga partita di Rekop; poi, uno alla volta, se ne andarono a dormire; solo Teodoro non aveva sonno e rimase a chiacchierare con Julius. Più degli altri aveva provato un'istintiva simpatia per lo zurtosiano e gli era venuta la voglia di conoscerlo meglio. Così si erano raccontate le storie di famiglia, gli studi fatti, parlarono dei loro attori e dei musicisti preferiti. Si fecero confidenze sulle ragazze, sulle amicizie e sui loro sogni. Julius, finalmente, sembrava rilassato e Teodoro, cautamente, si mise a sondarlo sulle sue opinioni riguardo la pace nella Galassia, il ruolo della scienza e cose di questo genere. La pensavano esattamente nello stesso modo e così Teodoro si persuase che avrebbero potuto fidarsi completamente di lui. Così, pur senza sbilancirasi troppo, gli fece capire che gli adeniani non erano proprio nelle loro simpatie, che già un'altra volta avevano avuto una brutta esperienza con loro e che non si capiva bene il perché dell'improvvisa cordialità di Laxar. Julius si irrigidì, si guardò intorno nella sala ormai semideserta, poi fissò bene Teodoro negli occhi e gli disse con molta serietà " Teodoro, noi ci conosciamo appena ma sento che diventeremo grandi amici. Ora ti dirò una cosa che deve, per ora, rimanere assolutamente segreta." Tacque come se dovesse davvero convincersi che era giusto confidarsi, poi seguitò "Sai che noi zurtosiani abbiamo grandi capacità telepatiche; ma la lealtà ci vieta di entrare nelle menti degli altri se non siamo autorizzati. Però quando oggi mi sono avvicinato a quella signora, ho sentito una tale violenza nei suoi pensieri, una tale volontà maligna, che non ho potuto resistere accanto a lei. Non so quanto la conosciate nè quali siano i vostri rapporti ma attenti! state in guardia! non è quella che sembra. E' molto, molto pericolosa." Capitolo ottavo I due ragazzi si erano augurati la buonanotte ed erano rientrati nelle rispettive stanze. Teodoro si era coricato, ma decisamente il sonno tardava a venire. Continuava a rigirarsi nel letto ripensando ai discorsi fatti con Julius ed era sempre più preoccupato. Come sarebbe andata a finire la storia con gli adeniani? Era evidente che le chiacchiere di Laxar erano solo un diversivo per distogliere l'attenzione dei cadetti dalle mosse degli adeniani, per convincerli delle loro buone intenzioni e per farseli amici. Bisognava osservarla senza reagire, per non insospettirla, capire fino a dove voleva arrivare e svicolare all'ultimo minuto. Certo Julius sarebbe stato di grande aiuto se avesse acconsentito a scrutare nelle menti degli adeniani per conoscere i loro pensieri, ma per ora era impensabile chiederglielo; le leggi non scritte del suo paese gli vietavano di farlo senza il consenso dell'interessato e lui era troppo leale per disobbedire. A Teodoro sarebbe piaciuto chiedere consiglio a suo padre, il comandante, ma sapeva per esperienza che senza una valida ragione era impossibile farlo. Certo, la valida ragione ci sarebbe stata, ma i cadetti la sospettavano soltanto, senza averne alcuna prova. "Domani faremo una riunione tutti insieme - si disse nel dormiveglia - forse con l'aiuto di Julius troveremo il modo." E finalmente piombò nel sonno. La mattinata trascorse rapidamente fra accompagnamenti, informazioni e spiegazioni date a chi non era al corrente di come si svolgessero i lavori della Conferenza. Ma oramai tutti i delegati erano presenti e non si aspettavano altri arrivi. Perciò il pomeriggio si annunciava abbastanza libero e i quattro cadetti diedero appuntamento ai loro amici per discutere il da fare. Decisero però di ritrovarsi in un angolino defilato al riparo dalle sgradite visite della signora Laxar. Così ora erano seduti sulle comode poltroncine di un terrazzino bene esposto a un sole simulato, sì, ma non per questo meno luminoso. Lì certamente un adeniano non si sarebbe mai avventurato, pena la cecità. Arrivò anche Julius e Teodoro mise subito gli amici al corrente dei loro discorsi della sera prima. " Amici miei, - esordì Julius - io lo so che voi vi attendete da me un aiuto per chiarire i grandi dubbi che vi affliggono, ma, credetemi, non posso infrangere la nostra legge. E' vero che non è scritta ma nessuno di noi zurtosiani lo farebbe senza una ragione molto, ma molto importante;" "Per esempio come la salvezza della Galassia?" chiese Andrè. "Per esempio come la salvezza della Galassia" dovette ammettere Julius. I ragazzi si guardarono; dunque, in casi estremi avrebbero potuto contare sul loro nuovo amico. "Ma in fondo, - fece osservare Philip che era rimasto silenzioso fino a quel momento - visto che, come sappiamo non possiamo rivolgerci al comandate, perché non ci confidiamo a qualche ufficiale di nostra fiducia?" "Conrad! " esclamarono a una voce gli altri. Conrad infatti, era insospettabile. Era uno degli ufficiali più anziani, col grado di capitano, molto amico del comandante e aveva dato prova di assoluta fedeltà in più di una occasione. Certo aveva un carattere chiuso, era sempre gentile ma raramente lo si vedeva sorridere e i ragazzi ne avevano grande soggezione. Però non era il caso di cedere alla timidezza e decisero il grande passo. Avrebbero fermato Conrad e, con molto rispetto, gli avrebbero chiesto un incontro . Capitolo nono Prima di ridiscendere nel grande salone decisero di passare un'oretta in palestra. "Qui non ci si muove abbastanza - aveva detto Jack - ho voglia di sgranchirmi le gambe; dai andiamo a fare un po' di esercizio, teniamoci in forma!" Così ora, dopo una lunga nuotata in piscina, erano di nuovo tutti insieme negli spogliatoi. Chiacchieravano allegramente e ridevano di gusto a certe storielle che raccontava Philip, quando a un tratto, Julius si fece scuro in volto e sembrava che sputasse fuoco dagli occhi. Ma, indicando la porta, fece cenno agli altri di continuare a ridere e a parlare come niente fosse. La porta si aprì e lasciò passare tre adeniani, con gli immancabili occhiali scuri, che parlavano concitatamente nella loro incomprensibile lingua. Quando videro i cadetti fecero loro un saluto che avrebbe voluto essere cordiale e si avviarono verso la palestra. I ragazzi si affollarono intorno a Julius; era chiaro che aveva captato qualcosa. "Allora?" chiesero ansiosamente. Julius si teneva la testa con le due mani. "Povero me - mormorava - i loro pensieri sono così violenti che non riesco a evitarli. Credo davvero che vi conviene confidarvi con Conrad. Anche se non è tutto chiaro sarà meglio sentire il parere di un alto ufficiale. Teodoro e Andrè furono incaricati di contattarlo; dapprima lo cercarono nella videoteca dell'istituto scientifico senza trovarlo. Allora percorsero tutte le sale e, finalmente lo incontrarono dove meno se lo aspettavano stava beatamente guardandosi un film comico ridendo proprio come ogni altro mortale. I due ragazzi si guardarono stupiti; ma allora non era poi quell'orso che sembrava! Timidamente si avvicinarono e gli fecero il saluto di ordinanza. "Sii?" - chiese Conrad togliendosi gli auricolari - cercate me?" Come voleva il regolamento i due cadetti si presentarono, anche se sapevano benissimo che lui li conosceva. "Capitano Conrad - cominciò Teodoro - insieme ai cadetti Jack e Philip e a Julius di Zurtos, chiediamo il permesso di riferire alcune sensazioni sul comportamento di certi delegati che abbiamo osservato negli ultimi giorni." "E' qualcosa di preciso?" domandò l'ufficiale Era la domanda che temevano e a cui, veramente, non avevano risposta. "Nossignore" - rispose tuttavia Teodoro - ma non saremo tranquilli finché non avremo verificato le nostre impressioni con un ufficiale superiore." Era tutto rosso, perché gli ci era voluto coraggio a rivolgersi al capitano in questi termini. Ma Conrad non fece una piega; conosceva i cadetti e sapeva che non lo avrebbero disturbato per una sciocchezza. "Venite nel mio alloggio alle sette precise. Vi aspetto." E si rimise gli auricolari tornando al suo film. Ma nella sala non erano soli. Occhi nascosti dietro grosse lenti scure li avevano seguiti mentre i cadetti si erano avvicinati a Conrad e durante tutta la loro conversazione; non succedeva spesso che gli ufficiali fossero interpellati da giovani subordinati e quindi si doveva trattare di qualche cosa di importante e fuori dal comune. Orus, il capodelegazione degli adeniani, stava ora sussurando brevi ordini ai suoi vicini; subito uno di loro si alzò e si diresse verso gli altri saloni, in fretta, come se stesse facendo qualche cosa di molto importante; Teodoro e Andrè non si accorsero di nulla e lentamente si avviarono verso il gruppetto dei loro amici; c'erano anche i camaleontiani che volevano sapere come era andata con Conrad. Ma da lontano, videro l'adeniano guardare in tutti gli angoli come per cercare qualcuno e, finalmente parlare con aria circospetta con Laxar. E proprio mentre stavano per raggiungere i loro compagni una voce nota e poco simpatica li fermò "Andrè, finalmente ti trovo; ho bisogno assoluto di parlarti; fermati un attimo!" Capitolo decimo Laxar aveva parlato con tono molto deciso e Andrè dovette fermarsi per forza. "Insomma Andrè, ti fai proprio desiderare. Mi avevi promesso di aiutarmi a cercare il costume per la festa e invece sei scomparsa; Vieni, sediamoci qui e parliamo." L'aveva presa per la mano e non la mollava. Andrè guardò Teodoro con aria supplichevole, ma cosa ci poteva fare? Sperò solo che, sedendosi con Laxar a parlare, se la sarebbe sbrigata rapidamente. "Teodoro, vai pure - disse - vi raggiungo fra un attimo." "Sì, sì vi raggiunge fra poco - ripetè Laxar, con uno strano sguardo sfuggente - ma per ora ve la sequestro ." La sua risata fece accapponare la pelle a Teodoro che raggiunse gli altri a malincuore. Era un momento di intervallo dei lavori della conferenza e molti dei delegati si erano recati al bar per bere qualcosa. L'andirivieni di tutta quella gente impediva ai cadetti di sorvegliare il tavolino dove erano sedute Andrè e Laxar e, di conseguenza, erano nervosi e inquieti. "Ma cosa diavolo vuole quella donna? - brontolò Jack - non posso credere che la festa le interessi tanto! " "E se, - azzardò Andrè 2 - e se volesse semplicemente separare Andrè da noi? " "E' vero! - dissero in coro Philip e Julius - forse gli adeniani ci vogliono dividere perché hanno capito che abbiamo molti sospetti sul loro conto!" "Accidenti! ma allora Andrè è in pericolo!" I ragazzi non si erano mai trovati in una situzione così angosciosa. Avrebbero voluto parlarne con Conrad subito, ma non erano ancora le sette ed erano troppo disciplinati per andarlo a cercare in anticipo. Intanto Laxar stava intrattenendo Andrè sui falsi problemi del costume e la povera ragazza stava sulle spine. "Adesso dovrei proprio andare - mormorò cercando di alzarsi - i miei amici mi stanno aspettando per l'aperitivo...;" Ma Laxar la trattenne per un braccio "No, ma senti, lasciali aspettare; berranno l'aperitivo senza di te..." Chissà perché, a queste parole Andrè ebbe un tuffo al cuore; le sembarono improvvisamente minacciose, anche se in realtà, apparivano normalissime. "Anzi, - continuò la donna - perché non andiamo a parlare in camera mia, così ti faccio vedere i vestiti che ho..." Andrè era disperata; le sette si stavano avvicinando e lei era sempre più nei pasticci. Naturalmente esitò. "Oh, ecco mio marito " disse Laxar, alzandosi. Effettivamente si stava avvicinando Orus. "Vedi questa bella ragazza? -gli chiese la donna - non vuole aiutarmi a scegliere un costume e non vuol neanche venire in camera mia per darmi un consiglio." Orus prese Andrè per una mano e le disse "Ma via, non sei forse membro del picchetto d'onore? Fa parte del tuo dovere aiutare gli ospiti e farli stare a loro agio." Così dicendo i due adeniani se la presero in mezzo e cominciarono ad avviarsi verso i loro alloggi. Andrè era terrorizzata; si trattava di un sequestro bello e buono e i suoi amici non potevano aiutarla. Infatti il gruppetto dei giovani era praticamente nascosto dietro quelli che facevano ressa al bar e, per quanto allungassero il collo, la stavano perdendo di vista. Erano quasi le sette. Conrad li aspettava nella sua stanza e non potevano tardare. E la scomparsa di Andrè era un altro drammatico tassello da aggiungere al loro racconto. Tennero consiglio rapidamente. Teodoro, Jack, Philip e Julius sarebbero andati dal capitano, mentre i camaleontiani si sarebbero sguinzagliati alla ricerca di Andrè. Capitolo undicesimo Tifone 2 non era un asteroide fra i più grandi, ma era stato scelto come sede della Conferenza perché la sua superfice era abbastanza pianeggiante, senza grosse asperità e quindi facilmente edificabile. I grandi palazzi infatti, erano sorti senza difficoltà e ora ricoprivano quasi totalmente il suolo. Era un complesso costruito secondo le più recenti teorie dello sfruttamento dello spazio e si estendeva su vari livelli. La delegazione terrestre era responsabile della organizzazione del grande raduno e quindi necessitava di avere il proprio quartiere non lontano dal teatro e dalle altre strutture principali. Gli alloggi degli ufficiali erano dunque al primo livello e fu lì che i cadetti si diressero per trovare Conrad. Generalmente i delegati dei vari pianeti frequentavano unicamente i quartieri loro assegnati e tutti gli incontri fra abitanti di terre diverse avvenivano nei luoghi pubblici, il bar, il ristorante o qualcuno dei tanti saloni dell'albergo. Fu un incontro strano, quindi, quello che fecero i cadetti andando verso l'alloggio di Conrad. Tre adeniani stavano venendo verso di loro provenendo proprio dal corridoio dove stava il capitano. Fecero di corsa l'ultimo tratto e bussarono alla porta del loro ufficiale. Conrad era ritto in piedi al centro della stanza serissimo in volto e in assoluto silenzio. I cadetti lo salutarono con la mano aperta sul petto e attesero. Dopo pochi secondi si udì un passo deciso nel corridoio, la porta si aperse e entrò il comandante in persona. Questo sì che era strano e i cadetti compresero immediatamente che qualche cosa di veramente molto grave era successo. "Comodi" disse il comandante. Anche questo era strano; di solito ci teneva molto a tenere le distanze e questo strappo alla disciplina era un sintomo della eccezionalità del momento. "Gli adeniani hanno sequestrato il cadetto Andrè.- esordì seccamente il comandante -promettono che verrà trattato con ogni riguardo, ma sarà considerato un ostaggio nell'attesa che il capitano Conrad si consegni loro." "Ma cosa vogliono dal capitano? " sbottò Teodoro; ma si scusò subito per il tono poco rispettoso . "Mi scusi comandante". Il comandante non gli badò; stava osservando Julius e e disse "Vedo che uno di voi non appartiene alla Confederazione terrestre; immagino che tu venga da Zurtos." "Sissignore - rispose Julius - ma mi metto completamente a vostra disposizione per qualsiasi compito vorrete assegnarmi." Conrad disse, rivolgendosi al comandante "Sarebbe forse il caso di raccontare a questi cadetti quello che è successo." Il comandante fece un gesto come dire fai tu. "Da quando è iniziata la conferenza - esordì Conrad - stiamo tenendo d'occhio la delegazione adeniana; e del resto credo che anche voi stiate facendo altrettanto. Ai nostri osservatori dell'Occhio Segreto è apparso subito evidente che, approfittando della presenza qui del meglio degli scienziati della galassia, stessero tramando per impossessarsi di tutte le loro cognizioni " " Per ottenere questo - proseguì il comandante - l'arma migliore è il ricatto. Essi richiedono che Conrad, uno dei sommi pensatori, si consegni a loro e sia disposto a collaborare al loro disegno di onnipotenza." "E siccome non si sarebbe mai consegnato spontaneamente hanno rapito Andrè per convincerlo ." Era Teodoro che aveva parlato interpretando il pensiero di tutti. Il comandante disse "Fatemi un rapporto di tutto quello che sapete." Così gli raccontarono degli strani maneggi di Laxar per guadagnarsi la simpatia di Andrè e la loro sensazione, davvero inspiegabile, che gli adeniani si servissero di loro per crearsi una fama di persone simpatiche e affidabili. I cadetti avrebbero anche voluto parlare delle percezioni telepatiche di Julius ma non sapevano se il loro amico avrebbe gradito. Fu proprio lui, però, a rompere l'impaccio. "Nonostante le leggi del mio pianeta vietino l'intrusione telepatica nelle menti non consenzienti, devo dire che, mio malgrado, tutte le volte che mi trovo nelle vicinanze di Laxar o dei suoi amici sento una scarica di tale violenza che mi sento annientato." Rimasero tutti in silenzio, riflettendo. "Dove sono i vostri amici camaleontiani? - chiese a un tratto il comandante- so che in altre occasioni si sono dimostrati fedeli e intelligenti." "Sono alla ricerca di Andrè" fu la risposta. "Voglio tutti a rapporto appena saranno tornati." E con questo ordine la riunione fu sciolta. Capitolo dodicesimo Andrè era comodamente seduta su di un divano nell'alloggio di Laxar. Ma mani e piedi erano legati con nodi così stretti che mai sarebbe riuscita a sciogliere. "E così, nonostante tutto, ora devi tenermi compagnia per forza, caro il mio cadetto in gonnella!" Laxar le stava parlando a un palmo dal viso e Andrè cercò di allontanare la faccia da quegli occhi sporgenti e rossi, ora che si era tolta gli occhiali neri. "Ma cosa volete da me, - chiese cercando di dominare la paura - sono solo un cadetto di seconda classe e, comunque non chiedetemi nulla perché non risponderò." - aggiunse fieramente. Laxar si mise a ridere "Non credere di essere così importante! Tu sei solo una pedina del nostro gioco. E in ogni caso - proseguì gaiamente - tu dovrai davvero inventarmi un costume perché la festa sarà la nostra grande occasione per agire. E dopo, ah dopo saremo davvero noi i padroni!" Sembrava una pazza e Andrè pensò che avrebbe dovuto essere molto cauta nelle sue reazioni; avrebbe dovuto fingere di assecondarla nella speranza che i cadetti fossero riusciti a convincere Conrad dell'esistenza di un complotto. Si chiedeva se i suoi amici si fossero accorti del rapimento e se sarebbero stati capaci di sventarlo. Nel frattempo i camaleontiani non avevano perso tempo. Approfittando della loro natura di esseri invisibili erano riusciti a entrare nella stanza insieme agli adeniani e ora aspettavano solo l'occasione per palesarsi ad Andrè e tranquilizzarla e poi di raggiungere gli altri e organizzare il salvataggio. Sempre sghignazzando orrendamente Laxar aveva raggiunto i suoi amici nella stanza accanto e Jack 2 ne aveva approfittato per avvicinarsi ad Andrè. " Finalmente! - sussurrò la ragazza - era ora, dai, toglimi i lacci!" "E' meglio di no; non è ancora il momento. Ma non disperare; ti siamo vicini anche se non ci vedi e non permetteremo che ti venga fatto alcun male. Ora filiamo a cercare gli altri e Conrad. Non aver paura, non rischi niente perché sei solo un ostaggio e ti devono restituire in forma perfetta. Sii forte. Siamo tutti con te." E scomparve. Ridivenuto invisibile Jack 2 attese il momento buono per uscire dalla stanza di Laxar. Per fortuna la donna aveva lasciato la porta semiaperta e lui potè filarsela senza essere visto. Raggiunse rapidamente il gruppo degli amici che, a stento, cercavano di avere un aspetto indifferente. In realtà erano estremamente preoccupati anche se, il fatto che il comandante in persona stava occupandosi della cosa, dava loro un senso di sicurezza. Jack raccontò brevemente come Andrè fosse legata mani e piedi "Ma ho avuto l'impressione che non la trattassero male - soggiunse - del resto è nel loro interesse fare in modo che torni sana e salva." "Ma cosa succede se Conrad non si consegna?" chiese Teodoro che al solo pensiero che ad Andrè fosse torto un capello si sentiva male. "Sono sicuro che non si consegnerà - fece Philip - ma sono anche sicuro che saprà risolvere tutto. " "Non è possibile che il male possa vincere!" Mormorò Jack a denti stretti. Capitolo tredicesimo Era un gruppetto nutrito di giovani, quello che si stava avviando verso l'alloggio del comandante; i quattro cadetti, i loro doppi e Julius che, coi suoi capelli rosso fiamma e la lunga treccia, si faceva notare abbastanza. Così decisero che almeno i camaleontiani dovessero riprendere la loro forma di esseri invisibili e palesarsi solo quando sarebbero arrivati. Eccoli ora tutti seduti, in modo informale, nella stanza del comandante Selleri. I due ufficiali avevano, evidentemente, già abbozzato un piano e stavano ora studiando, su un grande monitor acceso, tutte le vie di possibile fuga dall'asteroide. "Il momento in cui agiranno - disse il comandante - secondo quanto ha scoperto Jack 2, dovrebbe essere durante lo svolgimento della festa. E' chiaro che sfrutteranno il momento di grande confusione, dell'allegria generale e, soprattutto, dei travestimenti, per fare lo scambio con Conrad." "Ecco perché Laxar insiste tanto sul fatto del costume! - esclamò Andrè 2 - probabilmente conta sul travestimento per imbrogliare gli agenti della Sicurezza." "Esaminando la situazione - riflettè il comandante a voce alta - è verosimile pensare che lo scambio degli ostaggi avverrà dopo la cena, nel momento stesso in cui tutte le orchestre all'unisono avranno incominciato a suonare l'inno intergalattico; allora tutti i partecipanti (cioè molte migliaia di esseri) saranno in piedi e molto concentrati e non si accorgeranno del rapido passaggio delle parti e della fuga degli adeniani." " Certamente anche le guardie saranno un poco distratte, in quel momento e quindi le uscite sguarnite di controllo - continuò il comandante - e di conseguenza nulla potrà impedire la partenza degli adeniani. Dovremmo, secondo loro, aprire le grandi porte della cupola di decollo e lasciarli partire senza cercare di fermarli, pena la morte di Andrè e del capitano Conrad." Mentre il comandante parlava, Teodoro non aveva staccato gli occhi da lui; conosceva bene suo padre e si rendeva conto che era terribilmente tormentato dalla sua enorme responsabilità. Bisognava per forza sottostare agli ordini dei traditori e lasciarli andare? L'idea gli era insopportabile. Se li vedeva davanti coi loro occhialoni nerissimi per difendersi dalla luce. Un momento! Gli stava balenando in mente un'idea che........ ma sì, forse poteva funzionare. "Pap.. - (gli stava scappando di dire papà )- .Comandante - disse poi con gli occhi che gli brillavano - forse si può fare qualcosa. Insomma, un'azione di disturbo che li prenda di sorpresa proprio nel momento in cui cominceranno a sentirsi al sicuro." Tutte le teste si erano sollevate verso di lui con gli occhi pieni di attesa. Teodoro era tutto rosso; era emozionato di dover esporre il suo piano davanti al comandante e al capitano Conrad, ma le occhiate degli amici gli furono di grande incoraggiamento e così espose la sua idea. Bastarono poche parole perché tutti comprendessero immediatamente il valore dell'astuzia proposta. Furono prese tutte le decisioni per attuare il piano e, ora che avevano cominciato a reagire al ricatto si scossero di dosso lo scoraggiamento che li aveva presi e si sentirono tutti più forti. Parlarono a lungo di quanto fosse indispensabile che nulla trapelasse al di fuori del loro gruppo. Era importantissimo che gli ultimi momenti della Conferenza trascorressero serenamente, in piena tranquillità e che nessuno dei delegati intergalattici sentisse in pericolo la propria sicurezza. Altrimenti si sarebbe scatenato un panico incontrollabile. Così fu convenuto che anche i preparativi della festa non dovessero subire ritardi e che tutti avrebbero indossato un costume, come previsto. C'era ancora un problema da risolvere; tutti erano abituati a vedere il gruppo dei cadetti compatto e bisognava, in qualche modo, giustificare l'assenza di Andrè. "Diremo che sta chiusa in stanza per preparare i nostri travestimenti." Così fu fatto e nessuno ebbe qualcosa da ridire. Capitolo quattordicesimo Laxar aveva portato dei succhi di frutta e di verdure ma Andrè non aveva voglia di inghiottire niente. "Fai male a non nutrirti - le disse la donna con malagrazia - tanto fino alla serata della festa di qui non esci. Ti conviene mantenerti in forze." La serata della festa! Sarebbe stata tra due giorni e certamente prima di allora i suoi amici sarebbero riusciti a liberarla; si consolava con questo pensiero ma non ne era poi così sicura. Si sentiva morire dall'angoscia ma aveva deciso che mai si sarebbe lasciata andare alla disperazione di fronte a quella pericolosa donna. Così prigioniera, Andrè si sentiva disperatamente impotente. Verso sera l'avevano lasciata sola per qualche momento e così fu possibile a Philip 2 entrare per consolarla un poco. "Non temere - le disse - ci stiamo organizzando per sventare questo orribile attentato alla pace universale e ci riusciremo. Abbiamo varie idee e soprattutto Teodoro ne ha escogitata una fenomenale." "Quale? dimmelo in fretta." "Non posso, devo scappare ma stai tranquilla..." E scomparve. I lavori della conferenza erano terminati e ora tutti si stavano dedicando alle chiacchiere e ai preparativi per la festa. I cadetti avevano mantenuta l'idea di costruire una sagoma di elefante e di nascondersi sotto, travestiti da moschettieri. Ma erano solo in tre; chi sarebbe stato il quarto? La cosa più logica era che fosse Julius e così fu deciso. Con l'aiuto dei costumisti, appositamente chiamati per mettersi a disposizione dei partecipanti, allestirono una grande sagoma a forma di elefante; era fatta di legno leggero, cartapesta e un grosso tessuto impermeabile di un colore grigiastro molto appropriato. Posava su quattro ruote nascoste sotto le grosse zampe, che permettevano di spostarla senza fatica. All'interno dell'elefante ci sarebbero stati, un po' pigiati, i ragazzi vestiti con le antichissime uniformi dei soldati di D'Artagnan, mentre i camaleontiani si riservavano il compito di sorvegliare gli adeniani da fuori, senza essere visti. Il comandante Selleri e il capitano Conrad stavano spesso chiusi in uno dei loro alloggi, facendo ipotesi su ipotesi su come si sarebbe svolto lo scambio degli ostaggi. Certamente non intendevano obbedire al ricatto degli adeniani, ma avrebbero dovuto comunque fingere di prestarsi al gioco finché non fosse scattato il congegno progettato da Teodoro. Anche i camaleontiani furono chiamati a perfezionare i loro movimenti e, tutti insieme, provarono mille volte le entrate, le uscite e le finte in modo da far scattare la trappola senza fallire. Dopo la mezzanotte della vigilia, mentre tutti oramai riposavano sognando il grande ballo, alcune ombre misteriose si muovevano all'esterno delle porte della cupola di decollo, agili e senza peso, Enormi erogatori di luce solare furono sistemati esattamente nel punto dell'uscita dalla cupola e una serie di schermi di forza, invisibili, erano pronti a essere attivati al momento opportuno. Era oramai notte tarda ma il comandante aveva ancora alcune disposizioni da dare; chiamò a rapporto Julius e rimase a parlare con lui per un bel po'. Uscendo, Julius era pensieroso e molto concentrato e non volle confidare a nessuno le conclusioni a cui erano arrivati. Ora tutti i particolari della trappola erano stati predisposti. Non restava che aspettare con pazienza che il momento fosse maturo. Capitolo quindicesimo Il comandante aveva raccomandato a tutti di andare a dormire presto per essere in massima forma il giorno dopo, ma i nostri cadetti e i loro amici erano troppo tesi e ansiosi per poter dormire in pace e ognuno di loro, nel proprio letto, si girò e rivoltò prima di riuscire a prender sonno. Così al mattino dopo, faticarono non poco ad alzarsi. Ma, una volta aperti gli occhi ,tutta l'importanza degli avvenimenti che avrebbero avuto luogo nella giornata fu subito chiara alla loro mente e, di colpo, furono perfettamente svegli. C'era un'aria di allegria e di festa dappertutto, Si vedevano professoroni che fino alla sera prima incutevano rispetto, improvvisamente muniti di maschera e fischietti che facevano il verso ad altrettanto importantissimi professoroni di ogni forma e colore. Suonatori venuti da pianeti lontani accordavano i loro strumenti e danzatori e giocolieri ripassavano la parte. Grandi tavoli carichi di prelibatezze erano stati sistemati un po' dovunque mentre piccoli robot-servitori offrivano a tutti vini e bibite rinfrescanti. Le ore passavano e la festa stava prendendo forma; oramai moltissimi delegati stavano sfoggiando travestimenti, alcuni veramente ricchi e originali. Le orchestre suonavano alternandosi e i ballerini si dimenavano divertendosi un mondo. I cadetti e i loro amici erano ancora nei loro alloggi; volevano che l'apparizione del loro elefante facesse davvero grande effetto; contavano sulla sorpresa e sulla ressa che si sarebbe subito formata intorno a loro, per svolgere con successo il loro compito. Solo i camaleontiani si aggiravano, nella loro forma invisibile, per tenere sotto controllo gli adeniani. Ogni tanto uno di loro riusciva a infilarsi nella stanza dove tenevano prigioniera Andrè e, nei rari momenti in cui la lasciavano sola, cercavano di incoraggiarla e di confortarla. Oramai mancavano poche ore al momento decisivo, ma sembrava non passassero mai. Julius era scomparso insieme ad altri abitanti del suo pianeta; era da tempo che frequentava solo i cadetti e bisognava pure che stesse un poco insieme con i suoi compagni. I cadetti decisero di andare a sedersi nel grande salone d'entrata e osservare lo svolgimento della festa. Da lontano scorsero una famosa giornalista marziana che si aggirava tra la gente con aria curiosa. Improvvisamente se la trovarono accanto. Era giovane e molto carina; piccola ma ben proporzionata aveva occhi brillanti e intelligenti e una bella testa rotonda completamente calva, come tutti i suoi simili, ma perfettamente lucida; era elegantissima e portava curiosi orecchini a forma di conchiglia con una minuscola lucina intermittente proprio al centro. "Salve ragazzi - disse allegramente - mi chiamo Altea e sono una giornalista de L'Occhio di Marte. Posso farvi qualche domanda?" Accidenti! L'Occhio di Marte era una delle testate più importanti della Galassia ed era seguita da miliardi di individui, perciò le fecero posto accanto a loro e si misero volentieri a sua disposizione. " Non stupitevi se non vedete registratori e non prendo appunti, - esordì Altea - questi orecchini che porto sono in realtà delle microcamere che riprendono tutto quello che succede intorno a me. Così nulla mi sfugge e più tardi, quando visiono i filmati posso comporre il mio articolo molto più rapidamente." Fece un gesto circolare con la testa in modo da riprendere tutto il gruppetto e incominciò a chiedere; "Dunque io so che voi siete il picchetto d'onore e che avete accolto tutte le delegazioni dei pianeti partecipanti. Immagino che avrete dovuto risolvere non pochi problemi. Raccontatemene qualcuno." "Beh! - cominciò Jack grattandosi la testa un po' impacciato - c'è stata quella volta quando nessun letto era lungo abbastanza per gli inimou. " "E' vero, è vero - continuò Philip - per quanto si sapesse che gli inimou erano altissimi, nessuno aveva le misure esatte. Così abbiamo cercato di immaginarceli ma, caspita! erano ancora più alti !" "Già - riprese Jack - abbiamo dovuto chiedere agli architetti di rifare tutto e , pensando che una ragazza fosse meglio accolta, abbiamo mandato Andrè..." "Già - disse Altea - so che siete quattro e che uno di voi è una ragazza. Dov'è ora? come mai non è qui con voi?" I ragazzi tacquero tutti e ci fu un momento di imbarazzato silenzio. Non sapevano davvero come giustificare l'assenza di Andrè di fronte a una persona così gentile e importante come Altea; poi, di colpo, Teodoro ebbe un'idea. Capitolo sedicesimo " Se mi permetti , Altea, vado a cercarla; certamente sta ancora provando il costume." Teodoro si allontanò di corsa. Andò rapidamente verso gli alloggi dei camaleontiani in cerca di Andrè 2. Era il momento di sfruttare la totale somiglianza fra le due Andrè; sarebbe stata anche una specie di prova generale per il momento della liberazione della loro compagna. Così tornò verso l'angolino dell'intervista insieme alla camaleontiana e fece le presentazioni. Jack e Philip capirono immediatamente e, in cuor loro, si complimentarono per la bella trovata di Teodoro. Così l'intervista potè continuare senza altri intoppi e quando le domande diventavano troppo difficile per Andrè 2, i ragazzi intervenivano rapidamente rispondendo al posto suo. Altea volle sapere anche molte cose della loro vita privata, di come avessero deciso di entrare nella flotta spaziale e di come fossero i loro rapporti interpersonali. "Farò un bell'articolo su di voi quattro; sono sicura che la vostra storia potrà essere un incoraggiamento per i giovani di tutta la Galassia a intraprendere una carriera così interessante." Insomma quella conversazione, che doveva essere una semplice intervista, divenne ben presto l'inizio di una nuova, bella amicizia tra i ragazzi terrestri e la giornalista marziana. Improvvisamente si alzarono tutte le luci, l'orchestra si mise a suonare una allegra marcetta e tutti capirono che la festa era ufficialmente cominciata. Nell'arco della porta apparvero il comandante Selleri e il capitano Conrad. I cadetti scattarono in piedi "Scusaci Altea, il dovere ci chiama. Arrivederci." E si allontanarono di corsa. "Non sperate di sfuggirmi - gridò loro dietro Altea - non ho ancora finito il servizio su di voi! " Senza neanche bisogno di parlare e con una sola occhiata il comandante si era fatto capire. Era l'ora di travestirsi e di apparire nascosti dall'elefante. Le sale erano ormai gremite di personaggi stranissimi vestiti nelle maniere più impensate. La folla era tale che era difficile persino spostarsi e, a volte, per raggiungere un amico dall'altra parte del salone ci si metteva anche un quarto d'ora. La confusione regnava ovunque tra musica, richiami, risate e scherzi. I cadetti arrivarono a fatica ai loro alloggi. Julius era già lì, pronto a fare il quarto moschettiere e i camaleontiani erano a disposizione e in attesa di istruzioni. Il grande elefante cominciò a muoversi, dapprima con fatica, perché i cadetti, nascosti sotto la sagoma, faticavano a trovare il ritmo giusto. Ognuno poneva i passi a casaccio e, loro malgrado, scopppiavano a ridere senza riuscire a procedere. Poi Julius assunse il comando e, al suo via, iniziarono a camminare in modo corretto e ordinato. La proboscide era munita di un congegno che la faceva muovere come se fosse stata vera e un sonoro barrito registrato dava davvero la sensazione che si trattasse di un animale in carne e ossa; Così la loro entrata nel salone fu veramente epica. Tutti si scostavano al loro passaggio, un po' divertiti e un po' spaventati facendo mille supposizioni. A un certo momento i cadetti riuscirono a prendere il ritmo della musica e così si vide un enorme pachiderma danzare agilmente muovendosi con grazia assurda sollevando le grosse zampe come i ballerini. Il divertimento era grande e la confusione grandissima. Si stava avvicinando l'ora della cena dopo di che si sarebbe suonato l'inno intergalattico che avrebbe decretato la fine della Conferenza e il saluto a tutti. Alcuni adeniani si aggiravano fingendo di divertirsi e di ballare, ma i camaleontiani avevano verificato che erano solo una piccola parte della delegazione; evidentemente gli altri erano pronti a intervenire al momento giusto per fare lo scambio degli ostaggi e fuggire immediatamente . Infatti le loro navette - traghetto erano pronte davanti al grande cancello della cupola di decollo, con i motori accesi. Nel salone del ristorante erano stati approntati tavoloni sterminati con ogni genere di cibo secondo i gusti e gli usi di ognuno. I robot-camerieri stavano finendo di depositare i piatti e già la folla dei festanti si era precipitata all'arrembaggio di tutte quelle squisitezze. Da sotto la sagoma dell'elefante i quattro ragazzi osservavano tutto attraverso alcuni fori fatti apposta. Videro anche Altea che, girando la testa di qua e di là e divertendosi pazzamente, stava registrando tutto e sembrava incuriosita specialmente dall'animalone grigio. Lasciando la folla ai piaceri della tavola, i quattro fecero in modo da dirigersi lentamente in direzione degli alloggi degli adeniani. Per fare lo scambio di Andrè con Conrad avrebbero dovuto passare di là per forza e loro li avrebbero intercettati. Il comandante Selleri e il capitano Conrad sembravano scomparire ogni tanto ma poi, non si sa come, eccoli di nuovo presenti. E per i cadetti quella era una presenza molto rassicurante. Capitolo diciassettesimo La festa si stava lentamente spegnando. Solo pochi scatenati continuavano a ballare e a scherzare mentre i più, pieni di cibo e di vino, preferivano tranquille conversazioni adagiati sulle comode poltrone poste un po' ovunque. Improvvisamente tutte le orchestre tacquero; ci fu un grande silenzio e poi le prime note dell'inno intergalattico riempirono l'enorme cupola. Tutti si alzarono in piedi in atteggiamento serio e raccolto. Era il momento! Dal corridoio degli adeniani stava arrivando un gruppo di persone; saranno state una ventina e, stretta in mezzo a loro, camminava Andrè, con aria fiera. Il comandante e Conrad si avvicinarono e, proprio in quel momento, i quattro moschettieri saltarono fuori dalla sagoma dell'elefante. Ci fu un momento di grande confusione e i camaleontiani ne approfittarono per agire. Uno di loro, invisibile, slegò Andrè mentre Andrè 2 prese il suo posto. Alla prima occasione si sarebbe resa invisibile e sarebbe scomparsa. Tutta l'azione fu talmente rapida che neppure Laxar, che era la carceriera della ragazza e la teneva d'occhio, potè rendersi conto dell'accaduto. E improvvisamente gli adeniani si trovarono alla presenza non di quattro, bensì di otto moschettieri, perfettamente uguali, a due a due. Si guardavano intorno smarriti senza capire quale fosse la realtà e quale l'illusione; Per la prima volta sembravano sconcertati e sentivano la loro supremazia messa in forse. Tuttavia il loro capo si riprese e diede un ordine secco nella sua lingua. Laxar diede uno strattone a quella che lei credeva fosse Andrè e la sospinse verso il comandante, tenendola però ben stretta. "Che Conrad si consegni ! - ordinò Orus - e noi vi restituiremo la ragazza sana e salva. Altrimenti...." Non finì la frase ma il significato era chiarissimo. Gli otto giovani continuavano a girare intorno al gruppo per creare sempre più confusione, mentre Julius si era messo in disparte ma con lo sguardo fisso e attento sui personaggi principali. Era evidente che controllava le menti di tutti per essere pronto a intervenire se fosse stato necessario. Era chiaro che il comandante lo aveva convinto a usare i suoi poteri per la salvezza della pace galattica. A un'occhiata del comandante, Conrad si fece avanti come per consegnarsi; subito gli adeniani lo circondarono avviandolo verso le grandi porte che davano sullo spazio. Uno di loro sfiorò un sensore nella parete; le luci si affievolirono in tutta quella parte del corridoio e, nella semioscurità, gli adeniani poterono togliersi gli occhiali neri che proteggevano i loro occhi. Teodoro esultò; tutto si stava svolgendo secondo il programma stabilito; ora gli adeniani avrebbero avuto la più grossa sorpresa della loro storia. Il gruppo si avviò verso le navette pronte per la partenza; gli adeniani salirono a bordo tenendo Conrad tra di loro. Le grandi porte si aprirono lentamente sullo spazio profondo e buio. Le navette si mossero, uscirono all'aperto coi motori ruggenti pronti a balzare via. E proprio in quel momento, a un cenno del comandante, duecento potentissime fonti di luce solare si accesero di colpo. Gli adeniani urlarono accecati dal bagliore e, istintivamente accelerarono per sfuggire a quell'insopportabile dolore. Ma andarono a infrangersi contro gli schermi di forza invisibili, che erano stati installati proprio a quello scopo. Le squadre della Sicurezza accorsero immediatamente e, per prima cosa si preoccuparono di liberare Conrad. Il capitano uscì dalla navetta semidistrutta un po' malconcio, ma fortunatamente illeso. Le guardie presero in consegna i delegati adeniani che avevano tramato contro la pace e li trasferirono immediatamente in un'area di Tifone 2 che era stata allestita apposta. Sulla soglia della cupola erano ora riuniti tutti coloro che avevano partecipato all'azione. "Rientriamo - disse il comandante Selleri - vi voglio tutti a rapporto nel mio alloggio; e intendo dire proprio tutti quelli che hanno partecipato a questa azione." Capitolo diciottesimo Ora erano riuniti nell'alloggio del comandante e lo stavano aspettando. Ovviamente Andrè era al centro dell'attenzione, ancora molto emozionata e quasi incredula di essere finalmente libera. "Certo che non ho mai dubitato di voi! - stava dicendo ai suoi amici - ma vi assicuro che vedermi intorno quelle brutte facce che mi guardavano ironicamente prendendomi anche in giro, beh, vi assicuro davvero che non era simpatico. E poi, quelle continue minacce " e se Conrad non si consegna finirai malissimo" e se prendiamo Conrad finirete malissimo tutti" ! Insomma, una vera tortura! E' proprio brutto essere prigionieri!" Si facevano in quattro, anzi in otto, per coccolarla e consolarla raccontandole nel frattempo come fossero arrivati allo strategemma dei fari accesi su ispirazione di Teodoro. La riempivano anche di dolcettini e altre leccornie visto, che per i due giorni della sua prigionia non aveva quasi mangiato. Finalmente apparvero il comandante insieme a Conrad. Tutti applaudirono il coraggioso ufficiale che aveva rischiato la pelle per permettere di sconfiggere gli adeniani . Poi il comandante prese la parola " Cari cadetti e cari amici. Per merito vostro ancora una volta la pace del mondo è salva. Sono fiero di tutti voi; del vostro coraggio, della vostra perspicacia, della vostra intelligenza. Era facile scambiare l'apparente simpatia degli adeniani per amicizia vera; voi siete stati particolarmente vigili e attenti mettendo in luce anche le più sottili sfumature della loro doppiezza. Mi congratulo con voi. Voglio anche ringraziare gli amici camaleontiani che ancora una volta si sono dimostrati fedeli alleati pronti a rischiare anche in prima persona. E finalmente un grazie particolare a Julius il quale ha acconsentito di violare una legge non scritta del suo popolo, sorvegliando i pensieri più nascosti dei nostri avversari e permettendoci così di intervenire nei tempi più opportuni." Fu interrotto da un applauso. " Il capitano Conrad, - riprese - per il suo comportamento coraggioso e per i saggi consigli che mi ha dato, viene avanzato di grado e nominato, a partire da questo momento, vicecomandante." Conrad scattò sull'attenti mentre scoppiava un altro, grande applauso. . Julius si fece avanti; "Chiedo il permesso di parlare" -"Permesso accordato" rispose il comandante. "Chiedo rispettosamente, pur non facendo parte della flotta terrestre, di essere arruolato sulla Tamigi III col grado e le mansioni che il comandante deciderà." I cadetti trattennero il fiato; speravano tantissimo che il comandante acconsentisse, sarebbe stato stupendo continuare a viaggiare e lavorare con Julius. "Richiesta accolta - decretò il comandante - Nomino sull'istante Julius cadetto di seconda classe." "Evviva il nostro nuovo compagno!" Il grido di gioia era scattato spontaneo, senza badare tanto all'etichetta e alla disciplina; l'atmosfera era rilassata e conviviale, ma ridivenne ufficiale quando il comandante fece cenno di fare silenzio. "Devo farvi ancora una comunicazione - esordì - l'azione criminosa di cui siamo stati testimoni e protagonisti non è stata senza vittime. Gli adeniani che sono morti nell'impatto contro gli schermi di forza servivano un ideale, per quanto aberrante esso fosse e a loro va il nostro rispetto. I sopravvissuti affronteranno il giudizio del tribunale intergalattico e tutti ci adegueremo alle sue decisioni. Fino ad allora cercheremo di non far trapelare nulla al di fuori di questa stanza per non turbare l'ordine generale. Non dimentichiamo che fuori da queste pareti ha luogo una festa. Uniamoci anche noi, finalmente con la certezza che tutto si svolgerà senza incidenti e in modo pacifico." La festa! E chi se ne ricordava più! Il comandante fece scattare l'apertura della porta e, quale non fu la sorpresa di tutti quando videro Altea, nel corridoio che li stava aspettando; essa venne loro incontro di corsa, chiamando e gesticolando e facendo tintinnare i suoi orecchini. "Eh, no! - esclamò affannata - non mi sfuggirete ora! Vi ho seguito per tutta l'azione e ho registrato tutto. Comandante Selleri mi conceda un'intervista e il permesso di pubblicazione." Addio al segreto! La piccola giornalista marziana aveva visto tutto e, data l'importanza dell' Occhio di Marte, non si poteva certo vietare la pubblicazione. Ma il comandante, abile diplomatico, l'aveva già presa per il verso giusto. La condusse gentilmente verso i saloni e, fra complimenti e sorrisi riuscì a convincerla dell'importanza della segretezza. "Il processo contro gli adeniani avverrà certamente fra non molto e dopo la sentenza ti prometto Altea, che potrai pubblicare tutta la storia in esclusiva." L'idea dell'esclusiva era allettante; così nessun altro giornale avrebbe avuto la possibilità di scrivere sull'accaduto e lei avrebbe fatto lo scoop più sensazionale del secolo. Poco più tardi un allegro gruppo di amici brindava alla pace e alla prosperità della Galassia . In quel momento non c'erano superiori e sottoposti, ma solo individui, venuti da ogni parte del mondo conosciuto, legati da un'amicizia che sarebbe divenuta sempre più stretta e duratura. FINE